19 Ottobre: oggi la Chiesa è in festa per Paolo VI

18 Ottobre 2014

Paolo VI. Un gigante che amò l’Azione Cattolica

di Paolo Trionfini* – L’imminente beatificazione di Paolo VI suggerisce più di un motivo di riflessione. Del resto, la figura di Giovanni Battista Montini si staglia nella storia della Chiesa, ma anche dell’umanità intera, per la sua straordinaria grandezza, che riesce difficile afferrare in tutta la sua portata. Alla luce di questa rapsodica considerazione, negli ultimi mesi si è tornati in svariate sedi e da differenti punti di osservazione a rileggere la parabola biografica del papa italiano, per tentare di racchiuderla in una cifra sintetica che ne potesse far emergere il tratto più caratterizzante. Il tentativo è fallito non per le intenzioni distorte di chi l’ha condotto ma per l’impossibilità pratica di ridurre a miniatura la statura di un gigante. Paolo VI, per concentrarsi solamente sul pontificato, è stato il primo papa a recarsi fuori dai confini italiani visitando la Terra Santa, ad andare in un’assemblea laica come l’Onu, a revocare la scomunica che gravava da quasi un millennio sulla Chiesa ortodossa, a rinunciare ai simboli del potere temporale, a celebrare una messa con le maestranze di uno degli stabilimenti icona dell’industrializzazione. L’elenco dei segni indelebili lasciato potrebbe continuare seguendo la linea diacronica che porta alla morte, preparata con un Pensiero che rimane uno dei testi più toccanti della spiritualità cristiana del Novecento, e celebrata, per sua esplicita volontà, nella forma spoglia di una bara di legno povero, dopo essere sceso non solo metaforicamente dal trono di Pietro per prendere parte, pochi mesi prima, al funerale solenne senza il cadavere dell’amico Aldo Moro, per esprimere a Dio – a cui si rivolgeva sempre in seconda persona singolare, riservando a sé la prima persona plurale – «il grido, il pianto dell’ineffabile dolore con cui la tragedia presente soffoca la nostra voce».

Tra i segni meno appariscenti ma non meno significativi, perché hanno informato anche sotto traccia tutta la sua esistenza, vi è il rapporto con il laicato, in particolare con quello associato nell’Azione cattolica. Montini visse fin da giovane l’esperienza diretta attraverso l’assistentato nella Federazione universitaria cattolica italiana, sperimentando – e quindi proponendo come modello – una relazione di reciprocità, che sfuggiva al consolidato schema del prete in servizio alla formazione dei laici con funzioni di controllo. In uno dei suoi primi discorsi pubblici da papa, Paolo VI avrebbe ricordato questo periodo del suo ministero, attribuendovi un significato più profondo: «Vi abbiamo Noi stessi appartenuto – sottolineò, rivolgendosi agli assistenti della Gioventù italiana di Azione cattolica il 4 luglio 1963 – negli anni lontani della Nostra giovinezza, ne abbiamo seguito per un cinquantennio le vicende, ne abbiamo vissuto alcune ore grandi e drammatiche, ne abbiamo conosciuto Dirigenti, Assistenti, soci ed amici quasi senza numero, ne abbiamo favorito, come è stato a Noi possibile, la funzione e l’incremento, ne abbiamo meditato e ammirato lo spirito, ne abbiamo difeso e promosso l’organizzazione, e ne abbiamo studiato ed apprezzato la sua pedagogia ed i suoi ricchissimi frutti».

Questo passaggio introduce una chiave di lettura complessiva per accedere al ricchissimo magistero montiniano sull’associazione, che ora è stato raccolto in un corposo volume dall’evocativo ma illuminante titolo: «Sempre più degna della sua storia bellissima»(Editrice AVE). Attraverso i quasi trecento testi che lo compongono, è possibile seguire l’evoluzione dell’attenzione riservata da Paolo VI all’Azione cattolica, di cui è stato anche protagonista nel sollecitarla al rinnovamento dopo il Concilio ecumenico Vaticano II e nell’investirla di un ruolo primario nella sua stessa ricezione. L’antico assistente fucino, infatti, volle ricordare l’associazione fin dal primo messaggio lanciato al mondo dopo l’elezione al soglio pontificio, non a caso, traendo spunto dall’incipit, intitolato In nomine Domini procedamus cum pace, per poi proporla come valore universale in Ecclesiam suam, l’enciclica programmatica del pontificato, per richiamarne, quindi, l’insostituibile ruolo nella vita della Chiesa nei discorsi più impegnativi dei viaggi apostolici che ne hanno scandito il «pellegrinaggio terreno». L’apprezzamento per questa «singolare forma di ministerialità laicale», secondo la definizione data, che rappresenta un punto di non ritorno assoluto, ha avuto anche – per ritornare al discorso citato in precedenza – un influsso sulla sua vicenda biografica, che è stata protesa alla santità anche attraverso l’intreccio inestricabile con le vite di tanti laici di Azione cattolica.

* Paolo Trionfini è direttore dell’Isacem-Istituto per la storia dell’Azione cattolica e del movimento cattolico in Italia Paolo VI

contributo dal sito nazionale azionecattolica.it