Ieri e oggi: il pensiero sociale di don Felice

27 Novembre 2013

In occasione della chiusura della Inchiesta diocesana per la beatificazione del Servo di Dio don Felice Canelli, pubblichiamo un contributo scritto dal Presidente Nazionale di Azione Cattolica, Franco Miano.

L’esempio del passato e le questioni dell’oggi: il pensiero sociale di don Felice
Una lettura nel passato per una luce nell’oggi

del Presidente Nazionale dell’Azione Cattolica
Prof. Franco Miano

“C’è una parola piccola e insignificante, eppure così ricca di contenuto; quieta, eppure così piena di nostalgia. È la parola infine”. Così scriveva in uno dei suoi Discorsi edificanti Sören Kierkegaard ricordando che, se da una parte, questo avverbio contiene l’idea di una fine, dall’altro indica la proposta di un fine, di una meta raggiunta. È la meta che ogni cristiano è chiamato a vivere e a sperimentare nella sua vita. C’è, infatti, una storia della Chiesa che da sempre viene scritta da donne e uomini che nel corso della loro esistenza, sembra, poco o nulla abbiano fatto o detto che avesse diretto legame con la santità; tanto diversa da quella santità cui tutti noi siamo abituati a pensare e che resta sull’orizzonte dei nostri desideri, ma che nello stesso tempo riteniamo impossibile da incarnare e vivere, tanto straordinaria ed eroica si mostra ai nostri occhi ed al nostro interpretate e vivere la fede in Cristo Gesù.
Eppure c’è una storia esaltante, bella, possibile e, perciò, straordinaria, che si lega in modo inestricabile allo scorrere del quotidiano vivere, alle fatiche, alle difficoltà , ma anche alle gioie, alle attese e alle speranze di quanti, donne e uomini, laici e sacerdoti, vivono nel secolo, anzi del secolo hanno fatto il loro ordinario terreno di testimonianza e di missionarietà evangelica.
È la una santità ordinaria: non nel senso di banale, ma nel senso di una santità legata alle condizioni comuni, quotidiane, della vita di ciascuno; una santità non eroica, ma alla portata di tutti; una santità che in alcuni casi ha saputo affrontare anche la prova più alta: quella del dono della vita vissuta come scelta di stile, di coerenza fino in fondo ai valori del Vangelo.

Una pagina da aggiungere al libro, mai ultimato, di questa storia di santità “ordinaria” è scritta da don Felice Canelli, Servo di Dio della diocesi di San Severo, perché, la sua vita, nell’articolarsi della ricerca di uno “spazio” vocazionale chiaro, mai confuso, è stata un susseguirsi di scelte che gli hanno permesso di essere uomo contemplativo del Mistero Eucaristico, sempre attento all’azione dello Spirito che illumina e sostiene nell’esercizio del discernimento; sempre operoso e sensibile verso i bisogni degli altri.
Per don Felice questa sensibilità ha significato, soprattutto, apertura totale e incondizionata alla vita, dedizione generosa e sentita alla sua grande famiglia, la Chiesa della sua diocesi, abbandono fiducioso alla volontà di Dio, perché facesse di lui quello che voleva.
La Chiesa diocesana di San Severo ha scelto di intraprendere il Processo per la causa di Beatificazione e Canonizzazione del Servo di Dio, perché sa che in questo tempo di cambiamenti è l’ eroicità della normalità, della ferialità a dare senso e sapore al vivere di tutti giorni e a colorare dei colori di Dio l’arazzo sul quale la Provvidenza intreccia la sua trama con l’ordito di ogni uomo e di ogni donna.
Don Felice è sicuramente stato un sacerdote instancabile in ogni campo di apostolato; nell’opera salesiana e in don Bosco trovò il suo modello e il suo ideale sacerdotale, pieno d’amore per Dio e di zelo dinamico per il mondo giovanile, per i ragazzi poveri e abbandonati verso i quali si sentiva particolarmente attratto. Fu sempre attento alla vita sociale; valorizzò l’apostolato dei laici e fondò il circolo “Don Bosco”, fu animatore della Gioventù Femminile di Azione Cattolica, delle Dame e Damine della Carità, della Conferenza di San Vincenzo de’ Paoli, fondatore del Partito Popolare.
Un sacerdote del passato, un esempio di grande attualità per quanti oggi cercano il Signore e scelgono di amarlo e di seguirlo con tutto il cuore. Una vita esemplare e attuale che trova il suo essere e il suo significato più profondi in una risposta alla chiamata del Signore che passa e che invita ad essere testimoni del suo Vangelo.
Nella vita di Don Felice Canelli, nella sua testimonianza alta e autentica della fede, nel suo stile esemplare di vivere la sequela, si possono rintracciare alcuni tratti caratteristici che costituiscono, oggi, per quanti si impegnano a vivere in pienezza la loro vocazione, il modo concreto e unico per poter rispondere nell’unicità e nella singolarità a questa “chiamata di Dio che passa attraverso la storia umana”.
All’inizio di un decennio che la Chiesa Italiana dedica al tema dell’educazione, credo sia importante sottolineare innanzitutto l’opera educativa di don Felice, tesa ad accompagnare ragazzi, giovani, ma anche adulti all’incontro sempre nuovo con il Signore della vita e a far maturare in loro atteggiamenti di carità e di sevizio operoso. Il Servo di Dio ha, infatti, senza ombra di dubbio scelto di declinare la testimonianza nel mondo secondo gli ambiti fondamentali dell’esistenza umana, cercando nelle esperienze quotidiane l’alfabeto per comporre le parole con le quali ripresentare al mondo l’amore infinito di Dio (Educare alla vita buona del Vangelo, n. 3).
Non si può prescindere nell’apostolato di don Canelli dalla sua volontà di aver scelto la via dell’apostolato come via privilegiata per raggiungere tutti e a tutti portare la buona notizia del Vangelo. Diverse sono le testimonianze che ci richiamano questo suo desiderio di rivolgere a ciascuno una parola nuova che parlasse al cuore e provocasse una conversione. Era un padre per tutti coloro che incrociavano il suo cammino, per tutti aveva un affetto di predilezione che proveniva dall’aver innanzitutto sperimentato lui l’amore infinito e misericordioso del Padre che nella sua vita aveva davvero compiuto grandi meraviglie. Dai giovani, in particolare, era considerato l‘apostolo delle loro anime, capace di donare gioia e serenità a quanti ancora il Signore non l’avevano incontrato. Credo che educare per lui abbia voluto significare soprattutto amare, amare con lo stesso amore con cui ama Gesù gli ultimi, gli affamati, i poveri, le vedove; amare dando tutto di sè, dalle risorse materiali, al dono del suo tempo, delle sue energie, tutto se stesso per tutti; amare percorrendo la stessa strada, mettendosi accanto, incoraggiandone il cammino; amare con la gioia e con la certezza nel cuore di sapere che “non vivo più io, ma Cristo vive in me…che mi ha amato e ha consegnato se stesso per me” (Gal. 2,20).
Un altro tratto significativo e peculiare della sua personalità è costituito dall’aver scelto di amare l’uomo lì dove egli vive, nella società dove ogni giorno cerca di crescere e di diventare migliore, nel mondo che gli viene consegnato come dono prezioso da accogliere, custodire e consegnare.
Costruire oggi la città dell’uomo vuol dire innanzitutto intraprendere nuovi percorsi di ricerca, di impegno sociale e politico, invita a riprogettare una società che mette al centro la realizzazione piena ed integrale della persona umana e l’armonia delle relazioni fraterne. E Don Felice aveva sicuramente compreso che è la verità originaria dell’amore di Dio, grazia a noi donata, che apre la nostra vita al dono e rende possibile sperare in uno ‹‹sviluppo di tutto l’uomo e di tutti gli uomini››, in un passaggio ‹‹da condizioni meno umane a condizioni più umane››, ottenuto vincendo difficoltà che inevitabilmente si incontrano lungo il cammino ( CV,8).
Tutta la sua vita è stata un continuo servizio, un costante impegno a che la dignità di ciascuna persona umana fosse riconosciuta e garantita, una rinnovata ricerca di vie nuove per poter aiutare tutti a discernere il bene non solo per la propria vita ma soprattutto per lo sviluppo culturale, sociale, politico della sua terra, del suo paese.
Don Canelli è stato maestro di responsabilità e di coerenza, ha insegnato a rispondere alla volontà del Padre nell’esercizio consapevole della libertà orientato al bene di tutti, ha testimoniato il valore della coerenza come via privilegiata per impegnarsi seguendo le indicazioni della dottrina morale e sociale cristiana che indica il bene e come raggiungerlo. Nella sua vita di sacerdote a servizio della Parola e della carità ha saputo infondere coraggio, dare consigli, guidare con il suo esempio ma nel rispetto delle personalità e dei carismi di ognuno, confortare con la sua vicinanza sempre discreta e premurosa. La gioia con cui affrontava ogni giornata, la certezza di sapere che ogni problema poteva essere risolto, la disponibilità con cui accoglieva ogni evento come un dono e nello stesso tempo come occasioni offerte perché il Regno di Dio si compisse su questa terra, ci raccontano di un grande uomo, di un sacerdote che ha saputo vivere fino in fondo il suo ministero come tempo di grazia in cui sperimentare la grandezza dell’Amore che spinge e motiva, sorregge e orienta.
Significativa e singolare è stata l’attenzione che don Felice ha avuto verso le associazioni ecclesiali, riconoscendone il valore, l’importanza, la bellezza di stare nella Chiesa e di servire il Signore Gesù insieme. Assistente diocesano della Gioventù Femminile di Azione Cattolica, presidente del Comitato Diocesano dell’Opera della regalità, crede fortemente nella vocazione laicale come un modo peculiare attraverso il quale la società degli inizi del 1900 può tornare a Dio fortemente convinto della necessità che laici e sacerdoti collaborino e siano corresponsabili dell’unica grande missione della Chiesa: annunciare e testimoniare il Signore della vita, facendo ogni giorno la sua volontà. Adveniat regnum tuum rappresenta lo stile nuovo e rinnovato con cui in molti con lui scelsero di portare il Vangelo nella vita quotidiana, di spezzare il pane della Parola per tutti perché ciascuno potesse incontrare il Maestro nella sua storia e vivere nella comunità la ri-scoperta della sua fede.

Quale messaggio oggi ci lascia l’esperienza semplice ma esemplare, unica e straordinaria di questo servo di Dio?

Sicuramente il richiamo forte e chiaro a offrire e nello stesso tempo a chiedere “la misura alta della vita cristiana”, consapevoli che la santità esige una opportuna pedagogia che indichi a ciascun cristiano il cammino a lui idoneo per giungere alla vera felicità, alla beatitudine del cuore. Tale pedagogia consiste innanzitutto nell’apprendimento dell’arte della preghiera spinta fino all’innamoramento del cuore, apprendimento che può avvenire soltanto in comunità cristiane che diventano “autentiche scuole di preghiere” (NMI,33).
Le nostre comunità, le nostre associazioni devono quindi essere sempre più luoghi significativi in cui imparare ogni giorno a discernere, scegliere e vivere la vita buona del Vangelo. Offrire, poi, percorsi e strumenti formativi che provochino oggi in ciascuno il desiderio di camminare verso la santità, vivendo secondo lo Spirito, esercitando ogni giorno la coscienza nel comprendere l’azione che Dio compie nella vita di ciascuno e fare così esercizio della volontà nella libertà e nella gratuità. Ed in particolare, la proposta formativa alta dell’Azione Cattolica, come anche di altre associazioni laicali all’interno della Chiesa, diventa pedagogia della santità, accompagnamento di ciascuno su questa via nella vita quotidiana delle comunità cristiane e nelle realtà che il Signore chiama a servire. Essere credenti nel mondo oggi esige più che mai la necessità di garantire spazi stabili di scambio di vita, di allenamento ad assumere responsabilità, di progettazione di azioni, di compagnia fraterna.
L’amore alla Chiesa, alla propria comunità parrocchiale, alla propria città nasce dall’aver accolto una promessa e dall’aver scelto di impegnarsi con tutta la propria vita in un servizio all’altro nella ricerca del bene, con la compagnia dei fratelli.
Credo che la testimonianza del Servo di Dio don Felice Canelli, possa racchiudersi in queste quattro parole che richiamano tutta la ricchezza e la straordinarietà della sua vita: DISCERNERE, DECIDERE, VOLERE E AGIRE accompagnate e sostenute dalla fedeltà al progetto di Dio per la sua vita e per la vita della Chiesa, e dalla fedeltà all’uomo del suo tempo ma anche a tutti gli uomini e le donne di ogni tempo e di ogni luogo che potranno sull’esempio murabile dell’esercizio eroico delle sue virtù incamminarsi sulla via della santità.
Concludo, facendo memoria del messaggio che il Santo Padre Benedetto XVI ha consegnato all’Ac il 4 maggio del 2008 in Piazza San Pietro, certo che, tra questi testimoni di santità che hanno accompagnato e sostenuto il cammino dell’Associazione, c’è anche Don Felice Canelli. “La magnifica corona dei volti che abbracciano simbolicamente Piazza San Pietro è una testimonianza tangibile di una santità ricca di luce e di amore. Questi testimoni, che hanno seguito Gesù con tutte le loro forze, che si sono prodigati per la Chiesa e per il Regno di Dio, rappresentano la vostra più autentica carta d’identità. Non è forse possibile, ancora oggi, per voi ragazzi, per voi giovani e adulti, fare della vostra vita una testimonianza di comunione con il Signore, che si trasformi in un autentico capolavoro di santità? Non è proprio questo lo scopo della vostra Associazione? Ciò sarà certamente possibile se l’Azione Cattolica continuerà a mantenersi fedele alle proprie profonde radici di fede, nutrite da un’adesione piena alla Parola di Dio, da un amore incondizionato alla Chiesa, da una partecipazione vigile alla vita civile e da un costante impegno formativo. Cari amici, rispondete generosamente a questa chiamata alla santità, secondo le forme più consone alla vostra condizione laicale!”.

Queste parole rappresentano per tutti noi, chiamati a vivere la santità, un dono ma nello stesso tempo un impegno forte e significativo del nostro essere laici nella Chiesa a servizio del Vangelo e di ogni uomo.

 

Contributo per libro Da “Giovane” a “Buon Cristiano ed Onesto e Attivo Cittadino”

L’ESEMPIO DEL PASSATO E LE QUESTIONI DELL’OGGI, IL PENSIERO SOCIALE DI DON FELICE