Un po’ di lievito per smuovere le montagne

11 Novembre 2013

Poco. Davvero poco. Basta veramente poco per fare tanto. E per farlo bene.
Un poco di musica. Un poco di buona volontà. Un poco di amicizia. Un poco di fiducia. Un poco anche di giovani.
Non le distese oceaniche di Copacabana, ma un poco di “lievito” dei paesi di Capitanata, quel tanto che basta per “smuovere le montagne”. E per scalarle, magari.
Cosa spinge un giovane, questa “strana razza di animale” che alcuni vedono come un ostacolo sociale e altri come la più bella scommessa sul presente, a scegliere di trascorrere il sabato e la domenica in una (non rabbrividite al nome) “parrocchia di periferia”?
Cioè…. Sveglia!!! Stiamo parlando del sabato e della domenica! Del week end tanto agognato dopo una settimana di rottura di scatole a scuola!
Cosa motiva questa scelta? Paradossale, ma è così: “il voler parlare della scuola”.
Di una scuola dei sogni. Dei sogni veri. Quelli che non fanno dormire la notte. Quei sogni condivisi e, perciò, possibili!
Una scuola possibile! Che all’asta del nostro tempo, punta l’all in sui veri protagonisti del suo stesso cambiamento: allievi e proff!!
Una sinergia unica e bella che davvero può cambiare molto. E cambiare in positivo.
Una scuola colorata, che parla di Vita e parla alla Vita. Una scuola che educa e non si snatura. La scuola che costruiscono persone come Giancarlo Visitilli e Tony Drazza, uniti dallo stesso obiettivo, diversi nelle metodologie, amici nella vita.
Una scuola che non fa Religione ma che sa essere, però, “missione”, perché i valori veri, quelli che scavalcano il tempo, che superano il qui e l’ora, non sono soltanto dei cristiani. È la scuola che sa parlare e che sa educare. La scuola che cambia ogni giorno perché ogni giorno ciascuno è diverso. La scuola fatta non “a misura di me” ma a misura di “noi”.
Sognabile, mutevole, multiforme ma che non appiattisce. Dell’integrazione e non dell’omologazione.
La scuola della responsabilità diretta di ognuno, dove ciascuno è protagonista, “faber suae quemque fortunae”. È anche di quello degli altri: perché per cambiare, costruire, bisogna essere spalla per chi è più debole.
Valorizzare le diversità, farne punto di forza; supportare l’accoglienza e bannare il giudizio; farsi rete di rimbalzo per chi si getta dal quinto piano di un palazzo per andargli incontro con un sorriso, a braccia aperte, come fece Qualcuno su un legno importante. E aprire quelle braccia, le nostre braccia, anche al colore diverso della pelle o alle parole incomprensibili biascicate ma sincere di chi dalla vita ha avuto un dono speciale.
Una scuola che respira libertà, democrazia. Una scuola che vive perché in essa sono vive le persone che la popolano. Scuola che è quelle stesse persone. Una scuola che travalica i muri di cemento per diventare un modo di essere, uno stile di vita. Una scuola che abbia uno stile. Il nostro stile! Quello di ciascuno di noi.
Il modo in cui cambierà la “scuola del futuro” (la domanda ricorrente in questo open week end) dipende dalla scelta che ognuno di noi compie adesso, nel presente!
Queste cose le abbiamo sognate, ci hanno fatto friccicare la pelle e il cuore!
Ora sta a te scegliere cosa fare del tuo sogno!
Io il mio Stile l’ho scelto… Voi?

Amedeo di Tella